classificazione degli spumanti - Cicogna acque minerali

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classificazione degli spumanti

notizie e novità > i segreti del vino
I diversi metodi di spumantizzazione

I vini spumanti sono a tutti gli effetti una categoria a sé stante e diversa da quella degli altri vini. In particolare, si differenziano per tre motivi:
     
  • dal punto di vista legislativo è consentita l’aggiunta di saccarosio
  • sotto l’aspetto organolettico è evidente l’effervescenza
  • chimicamente presenta alti livelli di anidride carbonica (CO2)

In linea di principio i vini spumanti vengono prodotti mediante due tecniche e quindi abbiamo una prima differenza nelle tipologie degli spumanti: il metodo “Classico” o “Champenois” e quello “Charmat” o "Martinotti".
Per completezza, si aggiunge alla lista un terzo metodo, quello "Tradizionale" o "Ancestrale" da considerarsi più artificioso, mediante aggiunta forzata di anidride carbonica.

Il metodo Classico prevede la rifermentazione in bottiglia, cioè, dopo una prima naturale fermentazione sui lieviti, il vino viene imbottigliato con l’aggiunta di zucchero e lieviti che favoriscono la rifermentazione e l’aumento di pressione nella bottiglia in base alle norme del disciplinare.

Il metodo Charmat ha un processo di produzione pressoché simile a quello Classico, ma si differenzia da questo per il fatto che la fermentazione avviene mediante l’uso di autoclavi, contenitori ermetici in acciaio, e con l’imbottigliamento isobarico.






Inizialmente vengono miscelati i vini base, per dare al prodotto le caratteristiche desiderate.
A questa miscela viene quindi aggiunto lo sciroppo di tiraggio, un liquido composto da vino base, zucchero di canna, lieviti e sali minerali. Da qui parte il processo di fermentazione che porta alla creazione di alcool e anidride carbonica.
In questo caso la rifermentazione avviene in bottiglia, dove il vino acquisisce la classica pressione dovuta alla presenza di anidride carbonica.
Segue un periodo di riposo di circa 4 mesi e poi la fase del remuage, in cui le bottiglie sono poste su appositi cavalletti con il collo più in basso rispetto al fondo della bottiglia. Vengono girate periodicamente per evitare che i rimasugli dei lieviti si attacchino alle pareti. Grazie a tutto questo processo il vino acquisisce le sostanze aromatiche derivanti dal lievito, una fase che può durare da 9 mesi fino a diversi anni.
Nell'ultimo passaggio, il vino contenuto nel collo della bottiglia viene congelato, viene tolto il tappo a corona per permettere al deposito di uscire. Lo spumante viene rabboccato con un liquido che contiene sciroppo di vino e zucchero e la bottiglia viene chiusa con il tradizionale tappo a fungo e gabbietta metallica.


     

Un metodo che permette un risparmio sui costi, grazie alla rifermentazione in autoclave. Si tratta del metodo di gran lunga più utilizzato, che copre circa il 90% della produzione totale. La fermentazione avviene in massa in contenitori di acciaio inox sotto pressione, le autoclavi, e a temperatura controllata.
 
Le fasi alla base della produzione di questo spumante sono le stesse del metodo classico. Per gli spumanti secchi avviene la maturazione sui lieviti, mentre per quelli dolci si passa subito alla stabilizzazione a -3/-4°C, in modo da bloccare l’attività dei lieviti, poi una filtrazione per eliminare impurità e infine l’imbottigliamento isobarico, per non disperdere l’anidride carbonica.

Gli spumanti prodotti con questo metodo sono divisibili in:
  • Nessuna permanenza sui lieviti;
  • Breve permanenza, circa 3 mesi;
  • Lunga permanenza, dai 6 ai 9 mesi.




Il metodo di produzione ancestrale è il più antico modo grazie al quale si producono vini frizzanti.
Molto probabilmente in passato fu scoperto per caso, per errore. Probabilmente capitò che qualche produttore imbottigliasse un vino non ancora completamente fermentato. Tale fermentazione non portata a termine ripartì all'interno delle bottiglie conferendo al vino la fine bollicina.
La produzione dei vini ancestrali consiste in una sola fermentazione il cui andamento è influenzato dalle
temperature.  Secondo il metodo tradizionale la prima fermentazione era permessa, oltre che dalla presenza dei lieviti indigeni, dalle temperature più alte del periodo di vendemmia di fine estate.
Con l’arrivo dell’inverno il fenomeno invece si fermava, a causa delle basse temperature, lasciando il vino con un residuo di zuccheri non ancora trasformato.
L’arrivo della primavera e l’aumento del caldo, una volta che il vino veniva imbottigliato, permettevano al liquido di riprendere la sua trasformazione iniziale. In questo modo, il residuo zuccherino rimasto si esauriva. Come risultato vi era una quantità di anidride carbonica sufficiente per produrre un vino frizzante.
A differenza dei vini rifermentati in bottiglia, quindi, il metodo ancestrale prevede una sola fermentazione, che si ferma in caso di diminuzione delle temperature e riparte in caso di un loro aumento.
È un metodo produttivo molto difficile da realizzare: per avere una bollicina viva infatti è importante valutare attentamente le tempistiche di imbottigliamento.
Inoltre, è necessario monitorare i livelli di zucchero e alcol in modo tale da capire quante atmosfere verranno prodotte grazie alla CO2 fermentativa e impedire un’eventuale esplosione della bottiglia.
Alcuni produttori preferiscono effettuare un controllo delle temperature in modo tale da monitorare in maniera più sicura tutto il processo di vinificazione.


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